“Certo che chi ha vissuto a Torino la propria adolescenza o post adolescenza tra gli anni ’80 e ’90, si ritrovava ad essere o gothic o metallaro o uno zamauarro senza ritegno”
“E tu cos’eri?”
Si sa, i ricordi possono nascere per una parola, una sensazione, un aneddoto. Così stasera, sono ritornata a quando avevo 16 anni e il mio rossetto era nero.
Era il 1998 e Torino aveva l’aria di una Berlino più accomodante e ben educata. La nebbia spessa come crema, il cielo bianco e abbacinante. L’aria era elettrica, di aspettative. Negli anni appena trascorsi era cominciata una vera e propria rivoluzione underground e alternativa.
Alternativa a che? Alternativa a tutto.
Personaggi della musica, dell’arte visiva, personaggi e basta si aggiravano per le strade torinesi.
Piazza Castello, divisa tra dark e metallari come da un muro invisibile.
Via Po strada battuta dai più strani individui, per guardare e soprattutto farsi guardare.
E quando in definitiva, l’uomo che aspettava il 13 coperto solo dei suoi tatuaggi non era poi chissà che scandalo ma se poi ti vestivi di nero e non sorridevi, la gente si toccava i gioielli di famiglia e faceva le corna.
Prima dei ’90, Mixo metteva i dischi da Maschio, il sabato pomeriggio. I Bluvertigo pascolavano con gli altri musicisti torinesi, tra i primi successi e le prime promesse.
Torino magica, Torino misteriosa.
Torino come una canzone triste che ascolti in loop quando sei di umore brutto e ti ci vuoi crogiolare. Torino come un vecchio video degli Smiths, dice Yali, una mia amica da cui Torino mi ha tenuta lontana per anni. Ma Torino ha i suoi tempi.
Torino che è uno dei punti energetici della magia bianca e di quella magia nera. Torino con i suoi umori incolori.
Torino di quegli anni in cui profumavo il mio passaggio di acqua di rose e mi vestivo di pizzo nero, visitavo i cimiteri ma solo per fotografarli, gli anni in cui mano nella mano con la mia migliore amica mi muovevo spiritata in un giro sempre uguale: da Ricordi a Maschio a Videomusic fino a Rock & Folk e via a casa ad ascoltare i nuovi acquisti. Gli anni in cui cantavo per strada le canzoni dei Placebo e dei Silverchair, per non sentirmi sola e persa.
Ma alla fine, dato che Torino è un buco, ci si conosceva tutti e non si era mai veramente soli. Si finiva per amarsi e odiarsi fortemente, anche a distanza per poi dimenticarsi. Si usavano nickname evocativi, come Spirit o Elise o Melancholia o Bloody qualsiasi cosa potesse sanguinare.
Si leggevano fanzine e si partecipava a convention. Ci si scriveva un sacco di lettere. Quelle con carta e francobollo, per intenderci, e tante belle speranze dentro.
Quando si usava internet, ma poco e si chattava con ICQ ascoltando la trasmissione di Vinnie alla radio.
Ma io, sono arrivata al limitare di una rivoluzione, l’ho annusata appena e ne sento la nostalgia. Ma di questo fermento ora, Torino, dimmi cosa ne hai fatto?
Firenze, 15 marzo 2014
(ripubblicato oggi perché sì.)
Questo pezzo è bellissimo. Io ero milanese, ma molte cose le riconosco. Fantastico, ti prego, scrivi ancora cose così